Cavalcavia Farnese attraverso a Via Giulia, 1910 ca. 

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Via Giulia aristocratica e chic agli albori del '900 è già un mito. Il suo tracciato, concepito ai tempi di Giulio II in linea con la politica urbanistica dei papi del Rinascimento, condizionata dai rapporti tra potere politico, mecenatismo, architettura e arti figurative, fece parte di una grandiosa utopia. Il frammento che ci rimane giustifica più che mai quell'impresa, anche se la via risulta qua e là avvilita da sgraziate dissonanze, come la desolata area di San Filippino e lo squarcio rabberciato ai Fiorentini.

 

Nella foto vediamo l'incrocio con via del Mascherone. Poco più oltre si apre l'arco che un tempo avrebbe dovuto collegare Palazzo Farnese (a destra il recinto esterno) con i giardini della Farnesina. A sinistra, poi, il campanile di Santa Maria dell'Orazione e Morte. L'arteria è popolata da umanità varia: un giovanotto che sfoggia i suoi primi calzoni lunghi, una signora con cappello a cloche e parasole, un venditore di scope con la sua scorta di saggina sottobraccio, e lo spazzino all'opera, mentre il cavallo alle stanghe di un carretto da trasporto si abbevera alla Fontana del Mascherone, rimasta fuori campo.

 

Una pubblicità d'angolo che parla di "Vettura per città e campagna" e "Commercio di carrozze", sa bene quale possa essere il suo target nella nobile via. Cinquant'anni più tardi via Giulia, sull'esempio dell'architetto Lizzani, fratello del registra Carlo, sarebbe stata eletta a domicilio da vip d'ogni categoria.

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